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The Social Dilemma: il lato oscuro del web

Sei lì, nella homepage di Netflix e l’occhio viene rapito da tre parole: The social dilemma. Titolo intrigante, come puoi resistere? Clicchi su “riproduci”.

Inizia così la discesa nella tana del Bianconiglio.

The Social Dilemma è un’esplorazione dell’impatto che una piccola cerchia di ingegneri ha avuto sul nostro modo di pensare, agire e vivere le nostre vite. Viene delineato un filo rosso tra teorie cospirazioniste, problemi di salute mentale, disinformazione e influenza sull’opinione pubblica.

A gettare luce sui retroscena dei giganti della Silicon Valley questa volta non sono gli Anonymous o strana gente incappucciata dalla voce distorta.

No. 

C’è Tim Kendall, ex CEO di Pinterest ed ex direttore della monetizzazione in Facebook, Justin Rosenstein, creatore del tasto Like di Facebook e poi c’è Tristan Harris, ex Ethics Designer di Google, soprannominato la coscienza della Silicon Valley. Le testimonianze di 31 esperti tech si susseguono e parola dopo parola prende forma nella nostra mente un concetto in apparenza banale, ma che è cuore pulsante della questione: nessuno ci conosce meglio dell’Algoritmo.

In modo più o meno consapevole abbiamo regalato una valanga di dati personali, preziosissimi per creare modelli comportamentali e fare previsioni sui nostri bisogni futuri. 

… E quindi?

I social network sono progettati per trattenere gli utenti più tempo possibile online, sfruttando una caratteristica strutturale del nostro cervello definita in milioni di anni di evoluzione: la necessità di appartenere ad un gruppo, di connetterci con gli altri per salvaguardare la nostra esistenza. Questo è direttamente collegato al rilascio di dopamina nel sistema di ricompensa, spiega la dottoressa Anna Lembke, e aggiunge una considerazione: non c’è dubbio che sistemi che ottimizzano le connessioni, come i social media, possano potenzialmente creare dipendenza.

Come? Attraverso le notifiche. “Un amico mi ha taggato in una foto” oppure “Un nuovo messaggio” sono una forza irresistibile, piccole scariche di adrenalina che ci spingono sui social alla ricerca di novità, di gratificazione sociale. È l’antidoto alla noia, un meccanismo a cui gli stessi ideatori non riescono a sottrarsi, come confessano Tristan e Tim.

Oltre a questo problema di natura etica e sociale, emerge anche il problema di business model alla base: se non stai pagando per il prodotto che utilizzi, allora il prodotto sei tu

Ma che significa?

Nel caso dei social, i guadagni principali arrivano dalla pubblicità, non è un segreto. Quello che viene venduto, tuttavia, non sono i nostri dati, ma  il graduale, sottile e impercettibile cambiamento che generano nel comportamento e nella percezione degli utenti.

Aza Raskin, ex dipendente Firefox e Mozilla, ci aiuta a capire meglio la questione:“Dovete immaginare queste cose un po’ come se inclinassero il piano del comportamento umano: rendono alcuni comportamenti più difficili e altri più facili. Sì… siete liberi di prendere la strada più difficile, ma in pochi lo fanno. Quindi su larga scala stiamo davvero inclinando il piano e cambiano quello che miliardi di persone pensano e fanno”.

Per tirare le somme, l’algoritmo dei social raccoglie dati e li trasforma in certezze per gli inserzionisti, i quali hanno il potere di influenzare l’opinione di un ampio, ampissimo numero di persone nel mondo.

Siamo solo burattini da manipolare?

Non ne sono convinta.

Credo invece che non dovremmo mai smettere di esercitare il nostro senso critico e non dimenticare che le connessioni umane e il contatto vero con le persone attorno a noi possano aiutarci a non perdere mai l’ancoraggio con ciò che è reale.

Ma soprattutto, per disinserire il “pilota automatico” dobbiamo ritornare ad annoiarci.

Abbiamo dimenticato che la noia è quello spazio magico in cui possiamo avere un momento tutto nostro per vagare nella nostra mente, perderci nelle nostre idee e ritrovare la forza creativa… Disattivando per un po’ le notifiche.

Se l’argomento ti interessa, ti consiglio di visitare la sezione Take action del website The Social Dilemma.

Quali sono i tuoi consigli per combattere la dipendenza da social media?

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